Miniere, minerali e minatori nella storia del Trentino

Miniere, minerali e minatori nella storia del Trentino

I rilievi del Trentino e, in generale, delle regioni alpine, custodiscono giacimenti minerari numerosi per quanto modesti. La collisione della zolla africana con la zolla eurasiatica, sollevando le rocce profonde ed esponendole all’erosione, ha dislocato in prossimità della superficie le masse metallifere, consentendo di accedere a giacimenti che diversamente avrebbero opposto ostacoli insuperabili a rudimentali tecniche di coltivazione.
Il mazzuolo del minatore medievale ha in buona parte cancellato i segni impressi dalla ricerca e dall’estrazione dei minerali da parte dell’uomo dell’età preistorica e, benché si conservino significative tracce di attività metallurgica risalenti sino all’età del bronzo, i primi documenti che attestino l’interesse nei confronti della ricerca e della coltivazione dei giacimenti minerari risalgono al XII secolo.
I minatori, al pari degli imprenditori, giungono dalle regioni dell’Europa centrale, i documenti ne registrano la provenienza incastonando in un testo redatto in latino termini tecnici di origine tedesca.
I decenni centrali del XVI secolo conoscono la massima espansione dell’attività mineraria, ma nel contempo ne rilevano i primi segni dell’inevitabile declino: gradualmente, i giacimenti superficiali s’impoveriscono e si esauriscono, mentre la concorrenza dei maggiori distretti minerari e la scoperta degli enormi giacimenti americani determina un generale deprezzamento dei metalli. Nel corso del XIX secolo, l’attività estrattiva riveste ormai un ruolo marginale e unicamente le esigenze militari inducono gli ingegneri austro-ungarici a scendere negli antichi cunicoli, ma senza apprezzabili risultati. La chiusura dei superstiti impianti nel corso degli anni sessanta consegna le miniere trentine al silenzio e all’oscurità occasionalmente diradata dalla torcia dell’appassionato che preannuncia forse la frequentazione del turista.
La mostra Miniere, minerali e minatori nella storia del Trentino, allestita presso il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina con la collaborazione di Mirta Zampedri, rievoca l’ampia parabola dell’attività estrattiva in Trentino proponendo una selezione limitata, ma significativa della collezione creata da Giuliano Zampedri, recentemente scomparso.
La prima parte del percorso, introdotta da una preziosa raccolta minerali, è riservata agli svariati arnesi impiegati dal minatore per aprire gallerie e pozzi e per estrarre, trasportare e fondere il minerale; la seconda parte presenta le tecniche e gli strumenti utilizzati per illuminare, ventilare e consentire l’eduzione dell’acqua. Il percorso si chiude con una sezione dedicata al costume del minatore.
Gli oggetti sono accompagnati da un apparato iconografico e didascalico arricchito dalle riproduzioni di alcune miniature tratte dallo Schwazer Bergbuch, una sorta di manuale minerario redatto a Schwaz in undici copie manoscritte, nel corso degli anni centrali del XVI secolo. Non può mancare, infine, una riproduzione del Liber de postis montis Arçentarie, il più antico esempio di codice minerario conosciuto, inserito nel Codex Wangianus per ordine del principe e vescovo Friedrich von Wangen, nel 1215.