Immersi nella natura

All'imbrunire, nel folto della foresta, le ombre si addensano e iniziano a creare strane illusioni. Ogni forma sembra muoversi repentinamente: una ceppaia con le radici in aria, un abete stroncato, un grosso macigno, una fronda che si muove al vento.
Misteriose sagome antropomorfe o zoomorfe si muovono attorno a noi.
Nell’aria risuonano i richiami degli animali notturni, attraverso suoni e lamenti, mentre la vegetazione rilascia i suoi intensi sentori.
È la natura che si riappropria di se stessa facendo sentire tutto il suo respiro e il suo selvaggio mistero.
Un'ancestrale inquietudine ci pervade e, lentamente, si trasforma in sottile paura.
È lo stesso brivido provato dall'uomo fin dall'epoca primitiva, e poi dalle genti che nei secoli hanno abitato le valli alpine, a stretto contatto con le immense foreste che delimitano i paesi e i campi coltivati.

 

Il bosco
del Museo

Durante il giorno il bosco è un luogo di sostentamento, frequentato dai boscaioli in cerca di legname da opera e da ardere, dai cacciatori e dai raccoglitori di funghi, erbe e bacche per le conserve domestiche.
Di notte, però, si trasforma in un luogo denso di mistero, di apparizioni, popolato da animali miti o feroci e da esseri selvatici, talvolta maligni, talvolta beffardi.  
Sono gli Orchi onnipresenti, il Salvanèl della Valle di Fiemme, il Mazzaròl del Primiero, le Agàne e le Bregostàne, le streghe Aga e Niaga che insieme agli orribili diavoli Schena de Mul, Zampa de Gal e Beliàl imperversano tra gli enormi graniti boscati della Val di Genova, qui relegati dopo il Concilio di Trento.
Paure ancestrali che hanno dato origine a miti e leggende, tradizioni, costumi e riti, divenuti caratterizzanti delle genti alpine. In giorni stabiliti e propizi questi rituali servivano, ed ancora servono, a esorcizzare e ingraziarsi l'enorme spirito della Natura, che pervade e avvolge i centri abitati, i masi isolati e le baite, dimore dei pascoli estivi.
Solo l'Uomo Selvatico può sentirsi davvero a suo agio in queste selve, dense di una sacralità a volte accogliente, ma più spesso minacciosa nella sua severità, lontano dalle incessanti e pervasive attività dell'uomo comune.
Qui egli vive indisturbato, in totale accordo con la Grande Madre.

 

Testo di Elio Vanzo
Installazione a cura di Elio Vanzo, con la collaborazione della Floricoltura Roncador Valentino
Con il contributo della Magnifica Comunità di Fiemme
Ambientazione sonora di Michele Trentini

La Magnifica
Comunità di Fiemme

Parte dei materiali utilizzati per la realizzazione dell'istallazione è stata accuratamente selezionata e raccolta nei boschi della Magnifica Comunità di Fiemme. Dal 1111 questa istituzione gestisce oltre 20.000 ettari di territorio di proprietà dei Vicini di Fiemme. L'intera comunità, affiancata da tecnici e amministratori, opera unita per preservare la salute di oltre 13.000 ettari di bosco. Il secolare ente, attraverso il suo museo, il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme, custodisce e valorizza la storia, l’arte e le tradizioni di un territorio profondamente legato alle risorse forestali.

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